Tutto merito di Joshua Harris che ha proposto questa sua idea durante un concorso di progettazione, l'Electrolux Lab, arrivando in semifinale.
Creata insieme ad un gruppo di
colleghi, la stampante 3D per abbigliamento è concepita come un
apparecchio a parete personale, ma che potrebbe essere collegati
elettronicamente a stilisti e aziende di abbigliamento. Questi ultimi
potrebbero vendere i loro disegni digitali da stampare immediatamente a
casa.
Domanda ovvia: e le cartucce? Qui viene il bello. Per avere nuovi abiti, è possibile usare quelli vecchi. Non gettate via la vostra adorata e consumata T-shirt.
Basta inserirla nella stampante di Harris et voilà. Ecco pronto un
nuovo capo. Al suo interno, i vecchi abiti introdotti vengono
letteralmente fatti a pezzi, suddivisi filo per filo e predisposti per il riutilizzo.
Per partecipare al
concorso Electrolux, occorreva trovare una soluzione per far fronte alla
rapida urbanizzazione della popolazione, con i drastici cambiamenti che
subirà il nostro modo di vivere entro il 2050.
Perché proprio la stampante per abiti? La
filosofia che sta dietro la creazione della stampante 3D, rimasta
comunque solo un progetto, consiste nel favorire la produzione di
abbigliamento in casa riducendo non solo gli abiti gettati, ma anche
l'acquisto di nuovi. “Abbiamo scoperto che l'industria dell'abbigliamento fa un uso estremamente dispendioso
e inefficiente delle nostre risorse. L'abbigliamento viene spedito in
diversi luoghi prima di essere distribuito al consumatore. Inoltre, la
durata della vita di un abito è solo di pochi anni, poi non viene né
smaltito né riutilizzato” ha spiegato Harris. Nella sua ipotesi più “estrema” tale sistema potrebbe addirittura eliminare la necessità di armadi.
Senza contare che avere ogni giorno nuovi abiti sarebbe per i modaioli un sogno che si realizza. Unico difetto? Per il momento è solo un concept...
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