Traduzione a cura di Daniel Iversen
Abbiamo già visto vari approcci sperimentali indirizzati ad aumentare l’efficacia della chemioterapia, riducendo contemporaneamente gli effetti collaterali dannosi mirando direttamente alle cellule tumorali. L’ultimo incoraggiante sviluppo viene dal Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering della Harward, dove i ricercatori hanno creato un dispositivo robotico a forma di botte, fatto di DNA e in grado di portare istruzioni molecolari a cellule specifiche facendo si che si autodistruggano.
Visto che il dispositivo può essere programmato per arrivare a una grande varietà di cellule, c’è la possibilità di usarlo per il trattamento di svariate malattie oltre a fornire una speranza nella lotta contro il cancro.
Il team ha basato questo approccio nanoterapeutico e programmabile sul sistema immunitario del nostro corpo, dove i globuli bianchi circolano nel sangue pronti ad attaccare le infezioni dove esse si sviluppano. Proprio come i globuli bianchi hanno la capacità di insediarsi all’interno di cellule malate legandosi ad esse , i ricercatori hanno creato questa “botte” di DNA capace di riconoscere ed individuare combinazioni di proteine della superficie cellulare, compresi i recettori di malattie
Ripiegando filamenti di DNA con quello noto come il “Metodo del DNA-Origami”, i ricercatori hanno creato una forma a botte aperta e tridimensionale, dove due metà sono connesse tramite una cerniera.
Il contenitore è tenuto chiuso da uno speciale “chiavistello” di DNA che si riconfigura una volta trovato l’obiettivo specifico, come per esempio cellule cancerogene, facendo in questo modo aprire le due metà, esponendo il carico presente all’interno.
Quest’ultimo può essere di svariati tipi, come per esempio essere composto da molecole con istruzioni codificate in grado di interagire con i recettori di segnalazione sulla superficie diuna cellula.
Shawn Douglas e Ido Bachelet hanno usato il barilotto di DNA per portare istruzioni codificate in frammenti di anticorpi a due diverse cellule tumorali: leucemia e linfoma.
Dal momento che questi ultimi parlano un diverso linguaggio, i messaggi sono stati scritti con diversi combinazioni di anticorpi.
Il messaggio comunque era lo stesso, ossia attivare il gene “suicida” presente nella cellula, che farà si che questa uccida se stessa attraverso apoptosi.
E’ l’approccio modulare dei ricercatori, cerniere diverse e diversi carichi di messaggi da commutare e scambiare, a dare al sistema il potenziale per trattare un’ampia gamma di malattie.
Sebbene la nanotecnologia sia stata ampiamente riconosciuta per la potenzialità del suo meccanismo di consegna farmaci e trasmissione di segnali molecolari, a causa della sua naturale biocompatibilità e biodegradabilità, ci sono stati ostacoli significativi nella sua attuazione: su che tipo di struttura creare, come aprire, chiudere, e riaprire la struttura per inserire, trasportare e distribuire un carico, e come programmare questo dispositivo.
I ricercatori del Wyss hanno superato i primi di questi due problemi, creando una struttura a forma di botte, senza coperchi superiori o inferiori. Questo permette ai carichi di essere inseriti lateralmente mentre la struttura è chiusa, invece di doverla aprire, inserire il carico utile, e poi richiuderla nuovamente.
Mentre esistono altri sistemi che utilizzano meccanismi di rilascio in grado di rispondere al DNA o all’RNA, le proteine sono presenti più comunemente sulle superfici cellulari e sono quelle in gran parte responsabili dei segnali trans-membrana delle cellule.
I ricercatori affermano che il loro è il primo sistema basato sul DNA-origami e che usa frammenti di anticorpi per trasmettere messaggi molecolari, offrendo un metodo programmabile e controllabile per replicare una risposta del sistema immunitario o sviluppare nuove terapie mirate.
I risultati delle ricerche appaiono sulla rivista Science e i creatori discutono sul loro robot al DNA nel video qui sotto
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